venerdì 22 giugno 2007

A proposito della fretta

Credo, forse con ragione, che la fretta abbia cambiato il modo di pensare delle persone..la fretta è lo strumento che permette ad ognuno di noi di diventare un pessimo individuo: quante cose orribili accadono per colpa di essa?; quante scelte sbagliate, quante situazioni dannose abbiamo vissuto per colpa di essa?
Io non sono un uomo che sa come si deve vivere la vita, ma di una cosa sono convinto, la fretta è uno dei mali più gravi che hanno invaso la terra..
Qindi il mio consiglio è questo. Pensiamo e viviamo adagio la nostra vita..sempre e comunque. Vedremo che le scelte saranno più semplici a trovarsi, e che la nostra stessa vita ce ne sarà grata. Un mondo senza fretta è come un piccolo bruco, che, vivendo come crisalide, aspetta paziente di diventare una splendida farfalla.

giovedì 21 giugno 2007

A proposito della malinconia

Si è detto spesso che il dandy è infelice. Non è vero, o almeno non lo è fino in fondo. Si può pensare che ciò che lo fa apparire infelice agli occhi del mondo è una delle sue abitudinarie pose. Ma non sempre è così; la malinconia del dandy, lo spleen - parola che Baudelaire, Huysmans e d'Aurevilly utilizzano spesso, come anche il termine francese ennui o la misteriosa malattia detta "dei diavoli blu" di Alfred de Vigny, che presenta tutti i precisi sintomi dello spleen - è data innanzitutto dal suo inevitabile senso d'inappartenenza. I dandies sono esseri volti a crearsi un Io raffinato e unico, a sè; il loro stesso modo, particolare o talvolta originale, di vestire, "e in egual modo agire e vivere, senza badare alla meraviglia e allo scherno degli sciocchi, è sempre, in piccolo, segno di libertà di spirito". Uomini "che procedono nella vita guidati soltanto dalla fantasia" e dal culto della differenza contro il sistema dell'uniformità e della scontatezza (citazioni da "Passatmpi", di P. Léautaud). Il dandy 'parla' una specie di lingua straniera, minoritaria perchè fondata sulla ricerca di uno stile peculiare, assolutamente solitario e indisponibile a far scuola. Il voler crearsi tutto ciò, recitare, trasformarsi, è sinonimo di pura arte di vivere. E l'Io romantico del dandy è in grado di farsi strada solo attraverso la malinconia ("e dava il mio contento in custodia alla malinconia" dice Leopardi nello "Zibaldone"); la malinconia, a differenza della gioia, è un sentimento multiforme, sfaccettato, a volte ambiguo. E' enigmatica - è il labirinto dell'Io in cui s'aggira tutta l'arte moderna, governata dalla 'mistificazione', dagli 'atti gratuiti': due tra i riti essenziali del dandismo, dice Sartre a proposito di Baudelaire. La folla e la follìa del mondo non conoscono il piacere conturbante della malinconia, prerogativa esclusiva del dandy, dallo spirito incomprensibile per la folla perchè, come Democrito, rifiuta di farsi carico delle questioni della polis e degli uomini. Il dandy è malinconico perchè solitario, ma non dimentichiamo che malinconia non è tristezza, o insoddisfazione. Paradossalmente, il dandy è fiero e felice d'essere malinconico. "La tristezza esclude il pensiero, la malinconia se ne alimenta" scrive Savinio nella "Nuova enciclopedia". Pensiamo a quante forme la malinconia ha preso nella storia della cultura; il nihilismo, sorta di movimento letterario, filosofico e condizionatore dei modi di vivere di coloro che se ne sentivano far parte, ha avuto tra i suoi illustri pensatori, anche Albert Camus, e molti altri frivoli e malinconici dandies.
E' possibile vivere nella disperazione e non desiderare la morte? s'interroga Moravia. La disperazione, "condizione normale dell'esistenza", può giustificare la speranza. A sua volta la speranza può dare più profondità alla stessa malinconia, può rendere "intelligente" la disperazione, favorendo un'ebbrezza della mente che apre all'invenzione artistica.
"Nel punto più remoto e freddo tra le sere celesti, Saturno, nume della solitudine, s'è accompagnato col genio e la malinconia, ora esaltandosi nella creatività, e ora ripiegandosi su una aristocratica afflizione che è contemptus mundi, disprezzo del mondo: egli è felice d'essere infelice. 'La mia allegrezza è la malinconia', scrive Michelangelo in un sonetto". (da "Vita da dandy", di S. Lanuzza)
E Jacques Rigaut, dandy suicida per noia e malinconia, scrive: "Se faccio uno sforzo, riesco a ricordare questa noia che fu - pensavo - l'onore della mia gioventù, voglio dire a ricordare il peso della sua influenza senza questa volta dipenderne". Perchè, in primo luogo, il dandy si compiace della sua esistenza come se fosse uno spettatore esterno a se stesso, come se stesse leggendo un romanzo il cuo protagonista è sempre lui; egli vive, secondo Kierkegaard, in un perenne stato di esaltazione intellettuale e perciò deve necessariamente esistere fuori se stesso. Deve potersi osservare, continuando a divertiri leggendo il suo romanzo personale ("Mi sento vivere soltanto nell'istante in cui avverto la mia inesistenza. Ho bisogno di credere alla mia inesistenza per poter continuare a vivere") con la consapevolezza di poter, come Rigaut, decidere ad un certo punto di chiudere il volume: "Dilemma. Di due cose, una: non parlare, non tacere. Suicidio".


tratto da "Il Dandy", su internet

mercoledì 20 giugno 2007

Vietato confonderci con gli Snob

E' importante marcare bene i confini che esistono tra lo snob e il dandy.
Il primo è, come dice la parola, un falso aristocratico, un sine nobilitate (di cui la parola snob è l'accorciamento). Il termine entrò nel vocabolario comune
all'inizio dell'Ottocento, in Inghilterra, volto a designare i giovani rampolli studenti delle famiglie borghesi benestanti.
Lo snob è un opportunista privo di consapevolezza individuale, desideroso di ascendere la scala sociale spacciando ruolo, rango e competenze al di sopra delle proprie limitate prerogative. Lo snob è un arrampicatore sociale, che disprezza i suoi simili credendo così di elevarsi ad un rango superiore. Si fa scimmia dei potenti, confida nel progresso e nella politica, diventa, per autoingannarsi, manichino indossante abiti all'ultima moda; al contrario del dandy, lo snob veste ciò che è nuovo, sia brutto o no - dato che ha i gusti personali congelati dal trendy-, mentre il dandy preferisce conciliare la bellezza con la moda, creando quel giusto miscuglio di originalità e classico che ritiene necessario per non sforare nell'eccentricità o nello stupido trendy dello snob della domenica.
Il dandy seduce e adora 'far piaceri'; lo snob 'non guarda in faccia nessuno'. Lo snob è cugino primo di quel borghese puritano contro cui Baudelaire e compagni si schieravano; oggi il borghese è in decadenza, o, a seconda dei punti di vista, si è evoluto nello snob, una sanguisuga che serve il potere e, appena ne ha l'occasione, maltratta i più deboli. E, quando lo ritiene necessario, tenta di imitare il dandy, ma inutilmente. Crede di assomigliargli ostentando freddezza e distanza, mostrandosi superiore come la donna-sfinge di Wilde: enigmatica ma assolutamente priva di segreti. Ma il dandy, nonostante tutti gli sforzi dello snob per somigliargli, è al di sopra di lui e al di sopra di quelli davanti ai quali lo snob si umilia sperando, un giorno, di sostituirli.
Il dandy vive sempre nel passato e, a volte, nel futuro; lo snob si arrabatta nel presente.

Baudelaire e dintorni...

[...] ma il dandy non aspira al denaro come a una cosa essenziale; gli basterebbe un credito illimitato; ed egli lascia questa passione volgare ai comuni mortali. Il dandismo non è neppure, come sembrano credere molti sconsiderati, un gusto sfrenato del vestire e dell'eleganza materiale. Per il dandy perfetto tali cose sono unicamente un simbolo della superiorità aristocratica del suo spirito. Così, ai suoi occhi, avidi soprattutto di distinzione, la perfezione del vestire consiste nella semplicità assoluta, che è poi il modo migliore di distinguersi. Che cos'è allora questa passione che, fattasi dottrina, ha raccolto adepti dominatori, questa istituzione non scritta che ha formato una casta così altera ? Essa è prima di tutto l'ardente bisogno di crearsi un'originalità, entro i limiti esteriori delle convenzioni sociali. E' una specie di culto di sé, che può sopravvivere alla ricerca della felicità da trovare nell'altro, a esempio, nella donna; e che può sopravvivere persino a tutto ciò cui si dà il nome di illusioni. E' il piacere di stupire e la soddisfazione orgogliosa di non essere mai stupiti. Un dandy può essere un uomo cinico, può essere un uomo che soffre, ma, anche in questo caso, egli sa sorridere come lo Spartano addentato dalla volpe.

Così, per certi aspetti, il dandismo confina con lo spiritualismo e con lo stoicismo. Ma un dandy non può essere mai un uomo volgare. Se commettesse un delitto non ne sarebbe degradato, forse; ma se il delitto avesse origine da una causa ignobile, il disonore sarebbe irreparabile. Il lettore non si scandalizzi dinanzi a questa gravità nella frivolezza e ricordi che vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi.

[...]

Questi uomini possono farsi chiamare raffinati, favolosi, magnifici, leoni o dandy, ma tutti vengono da una stessa origine; partecipano del medesimo carattere di opposizione e di rivolta; sono rappresentanti di ciò che vi è di migliore nell'orgoglio umano, del bisogno, troppo raro negli uomini di oggi, di combattere e distruggere la volgarità. Di qui deriva, nei dandy, quell'orgoglioso atteggiamento di casta e di sfida, anche nella sua freddezza.

(Ch. Baudelaire, Scritti sull'arte, Op. Cit.)

http://www.itis-molinari.mi.it/studenti/progetti/drug/dandysmo.htm

Il Dandismo

da Zentropa:


"Il dandismo apparve soprattutto nelle epoche transitorie durante le quali la democrazia non aveva ancora raggiunto la sua massima potenza e l'aristocrazia non era che parzialmente avvilita e incerta. Durante gli anni problematici di tali epoche, alcuni uomini declassati, disgustati, sfaccendati ma ricchi di forza interiore arrivarono a concepire il progetto di fondare una nuova specie di aristocrazia, più difficile da annichilire perchè basata sulle facoltà più preziose, le più indistruttibili e sui doni del cielo che il lavoro ed il denaro non possono conferire. Il Dandismo è l'ultimo lampo di eroismo nella decadenza, ed il tipo di dandy ritrovato dai viaggiatori nel Nord America non contraddice in alcun modo questa idea: perchè nulla impedisce di supporre che le tribù che chiamiamo selvagge altro non siano chei resti di grandi civilità scomparse. Il dandismo è un sole al tramonto; come l'astro in declino, è superbo, privo di calore e pieno di malinconia. Ma, purtroppo, la marea crescente della democrazia che invade tutto e tutto livella, annega giorno dopo giorno questi ultimi rappresentanti dell'orgoglio umano, e riversa i suoi flutti di oblio sulle tracce di questi prodigiosi mirmidoni. (...)"

Charles-Pierre Baudelaire, "IX. Le Dandy", in "Il pittore della vita moderna"

Tradotto per voi da Zentropa

martedì 19 giugno 2007

Presentazione

In una calda e afosa serata di giugno, due ragazzi, appassionati di arte, musica, letteratura, cinema e soprattutto immersi totalmente nella bellezza dello stile dandy, danno vita a questo piccolo spazio internettiano nel quale daranno libero sfogo al loro essere.
Tra un'opera di Wharol e una pagina del D'Annunzio, un film di Godard e una melodia "cool-jazz", cercheremo di trasmettere tramite l'ipertesto le emozioni di chi fa della propria vita un'opera d'arte e dell'arte la propria ragione di vita.

A presto.